L’eclisse di sole del 14 gennaio
La Missione astronomica italiana, inviata dal Governo nel Transgiuba per l’osservazione dell’eclisse del Sole del 14 gennaio 1926, ha potuto esplicare il compito con pieno successo – scrive il Prof. Pio Emmanuelli nel Messaggero.
La spedizione era composta di quattro persone: dal prof. Senatore Guglielmo Mengarini, dal prof. Guido Horn d’Arturo, dal dott. Luigi Taffara, dal prof. Luigi Palazzo.
Tutti gli strumenti che questi astronomi portarono in Africa (salvo quelli di proprietà del Mengarini e del Palazzo) appartengono all’Osservatorio di Collurania in Teramo, dove si può dire la spedizione è stata allestita.
La forma e l’estensione della corona solare sono state oggetto di ricerca da parte della nostra spedizione: forma ed estensione che variano con l’attività solare, dal tipo a banderuola al tipo a raggiera. Com’è noto, la corona solare non è che l’atmosfera del Sole, invisibile nelle ordinarie circostanze, perché offuscata dalla luce vivissima dell’astro. La corona può osservarsi esclusivamente durante la fase totale di un’eclisse: per quanti tentativi siano stati fatti per poterla vedere in condizioni ordinarie, la cosa non è stata possibile.
Tutti sanno quel che siano le righe oscure del Fraunhofer, quelle righe nere cioè che solcano lo spettro solare e la cui identificazione ci ha fatto conoscere gli elementi chimici che si trovano nel Sole.
Ebbene, immediatamente prima e dopo la totalità di un’eclisse di Sole, d’un tratto, con la rapidità del lampo, una grande quantità delle righe nere di Fraunhofer diventano lucenti. La spiegazione di questo fatto, secondo Kirkhoff è la seguente: al di sopra della fotosfera vi è uno strato formato da una miscela di quasi tutti i gas e vapori costituenti il Sole, la quale per essere all’esterno, è men calda della fotosfera, e pertanto esercita assorbimento sulla luce completa di questa; cosicché nel suo spettro vediamo migliaia di righe oscure, dette righe fraunhoferiane. Ma quando, durante un’eclisse totale di Sole, la Luna non lascia scoperta che una esilissima falce del disco solare corrispondente alla miscela di gas e vapori, allora appaiono al posto delle righe nere le corrispondenti righe lucide. E’ il flash spectrum, come dicono gli Inglesi. La visione dura pochissimi secondi, finché anche lo strato dei vapori e dei gas non viene coperto dalla Luna. I nostri astronomi hanno fotografato con cannocchiali appositi il flash spectrum.
Gli astronomi italiani avevano impiantata la propria stazione a Punta Scerwood, località prescelta per essere lungo la linea centrale dell’eclisse: questo luogo, situato in zona quasi deserta, è non molto lontano da Port Dunford, a sud di Kisimaio. Per crescere la probabilità di una favorevole osservazione del fenomeno, la cui durata è stata di due minuti e undici secondi, essi avevano organizzato, oltre a un osservatorio principale, due altri osservatori muniti di appositi strumenti per le osservazioni fotografiche e spettrografiche delle ombre volanti. Tutti e tre gli osservatori hanno avuto la piena visibilità del grandioso fenomeno. E’ stato possibile prendere della corona, del flash e delle ombre volanti, numerose fotografie che verranno sviluppate in Italia, nell’Osservatorio di Teramo. Sono state compiute varie osservazioni al pireliometro e all’attinometro, e altre per lo studio del magnetismo.
E’ atteso con vivo interesse il rapporto dettagliato preliminare che i componenti della Missione stanno stendendo ciascuno per la parte di sua competenza; ed è vivo il compiacimento per i felici risultati ottenuti; risultati che mentre costituiscono il più ambito premio per essi, tornano a grande onore della scienza e del nostro Paese.
Malgrado l’esiguità dei mezzi finanziari e la mediocre potenza degli strumenti, la Missione italiana, grazie all’intelligenza e all’operosità di coloro che la costituivano, ha ottenuto dei risultati che saranno degni di stare a confronto con quelli che, con maggiori mezzi e con più forti strumenti, hanno ottenuto gli astronomi esteri.
(Tratto da “Minerva – Rivista delle Riviste” del 1° febbraio 1926 – Unione TipograficoEditrice Torinese – pag. 118)