4 Gennaio 1926 - Lunedi

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S. M. La Regina Madre

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Un senso generale di dolore e di ansia si diffuse nel Paese al primo annuncio della malattia che aveva colpito S. M. la Regina Madre, che all’incantevole bellezza della riviera ligure invano aveva chiesto il sorriso e la vita.
La Regina Margherita, come tutti la chiamavano, la bella, la nobile, la grande figura di Donna e di Sovrana, ha cessato di vivere il 4 gennaio tra il compianto generale di un popolo che all’improvvisa sventura provò il cordoglio di un lutto domestico, perché S. M. la Regina Madre era come un genio tutelare di ogni famiglia e come l’idolo di tutto un popolo.
Dai giorni della sua bionda e serena giovinezza in Torino a quelli di prima Regina d’Italia in Campidoglio e fino all’ultimo istante l’Augusta Donna visse la vita della Patria, di cui vide il glorioso compimento sui campi immortali della vittoria; il suo cuore palpitava con la Nazione, come il cuore della Nazione palpitava col suo. Sposa, Madre e Regina, Ella aveva tracciato per sé, con meravigliosa intuizione di italianità, la linea austera e diritta della sua missione; l’opera sua completava nel campo d’ogni più bella idealità spirituale ed umana l’azione politica e militare di una Dinastia gloriosa, intenta a compiere con le armi e con la saggezza di governo i destini della Patria risorta. Perciò artisti, letterati e poeti guardavano a lei come ad ispiratrice del loro pensiero, suscitatrice di nuove divinazioni e tutrice del genio che eleva ed onora la Patria.
La storia dirà di Lei in modo degno, perché essa sola potrà farlo; la sua figura esce dai confini di un Paese, anche grande, per appartenere al mondo intero. E nella storia, sotto un aspetto diverso, prenderà posto fra le grandi regine, che consolidarono le sorti dei loro popoli, perché S. M. la Regina Margherita, nei tempi fortunosi e mutevoli in cui visse, consolidò e aggrandì la Dinastia e l’Italia con mezzi ancora più potenti delle armi e delle arti di governo; avvinse, conquistò e fuse in comuni ideali la giovane nazione col fascino irresistibile e con la luce possente d’una bellezza e d’una grandezza morale che s’imponevano a tutti, perché riflettevano le vibrazioni più intime di un’anima, che parlava all’anima di tutto un popolo, alla quale additava le più alte e pure gioie dello spirito umano.
Con l’intera Nazione noi ci chiniamo reverenti di fronte alla sua memoria cara e benedetta, che le presenti generazioni tramanderanno alle future come tradizione domestica e come simbolo ideale della gentilezza umana, e lo facciamo con animo tanto più rattristato perché, rompendo il riserbo mantenuto finora – e dopo che anche da altri fu detto – possiamo ricordare che S. M. la Regina Madre era non soltanto la più illustre, ma la fedele ed affezionata lettrice della Nuova Antologia, alla quale, come ai suoi principali collaboratori, sempre accordò la sua migliore simpatia, il che formava il nostro orgoglio ed era premio ambito alle nostre modeste ed oscure fatiche.
Il cordoglio generale del popolo italiano attesta che la semente gettata dalla mano augusta germoglierà e rifiorirà in una festa perpetua di luci, di colori e di fiori, in mezzo alla quale Dinastia, Governo e Nazione, rinsaldati dalla vittoria e dal dolore, procederanno concordi verso le nuove vette della grandezza italica. E dopo l’immane sciagura, che la privò del Re buono ed amato, fu dolce conforto alla Grande Regina partecipare alle gioie della Sua Casa, e vedere la virtù del suo spirito eletto trasfondersi in tutta la sua regale Famiglia, e rifiorire nel Figlio e nel Nipote a Lei diletti, e sempre più associati all’amore, alla riconoscenza e alla devozione di un popolo, che sente indissolubile il bene della Dinastia e della Patria.

Maggiorino Ferraris

(Tratto da “Nuova Antologia – Rivista di Lettere, Scienze ed Arti” del 16 gennaio 1926 –Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli - Anno 61° - fascicolo 1292 – pagg. 97 e 98 ).